giovedì 9 dicembre 2010

Aria fritta (ma non solo...)


C'è aria fritta e aria fritta. Voglio dire, l'aria fritta non è tutta dello stesso tipo, anche se un occhio inesperto potrebbe non cogliere la differenza e cadere in confusione.
O meglio, più che un occhio, un naso.

Molta dell'aria fritta che si respira in giro è banale, ordinaria, dozzinale, talmente scontata nella sua fragrante inconsistenza da poter essere svelata senza troppa difficoltà. Si riconosce perché il suo aroma tende a saturare chi lo inala dopo una manciata appena di usmate. E' costruito, artificiale, e soprattutto sempre uguale a se stesso, visto che chi lo propina non si cura minimamente di aggiungere alcuna essenza che possa fornire una nuova delicata sfumatura all'aroma complessivo. Insomma, come quegli svedesi che friggono le fettine di carne sempre con lo stesso bisunto olio semiartificiale infarcito di conservanti, riversandolo per giunta dentro la confezione dopo che hanno terminato, per riutilizzarlo Dio solo sa quante altre volte. Anzi, forse è meglio per loro se non lo sa.
Quest'aria, invece di profumare, impuzzolentisce. Invece di saziare, disgusta. Invece di riempire, svuota.

Poi ci sono i professionisti dell'aria fritta. Quella vera, che non ci si stanca mai di stare a sentire. Quest'aria è un crogiuolo di sapori ed essenze che mutano continuamente la loro elegante miscela senza tuttavia smarrire l'aroma principale. Ha dentro la fragranza della più tenera cotoletta impanata a regola d'arte nel migliore bistrot di Milano. Il profumo di un filetto di baccalà appena pescato nel porto di Barcellona e poi dorato e fritto in un chiringuito sul lungomare mentre il sole scivola pigro dietro il Montjuïc. L'aroma festoso di una frittata di cipolle e zucchine appena fatta a quadratini e servita in un piatto di coccio su una terrazza di Trastevere un Giovedì sera di metà Luglio.
Sai perfettamente che è solo aria, eppure giureresti di sentirti sazio per davvero dopo averla respirata per un po'. Sai benissimo che è semplicemente fritta, eppure quel profumo non ti stanca e non ti disgusta. Sai alla perfezione che è solo aria fritta, eppure non puoi non provare ammirazione dentro di te per chi ha saputo friggerla così bene. Moderno Winston Smith in 4D, riesci contemporaneamente a credere e non credere a quello che ti fanno respirare.

Finché arriva l'ultima generosa annusata, e finalmente ti accorgi di quella sfumatura che timidamente si fa strada nel tripudio di aromi, e lentamente prende il sopravvento fino a trasformarsi in un pungente lezzo di letame.
L'odore delle stronzate. Pure, sincere ed oneste, ma pur sempre stronzate. Che non sono menzogne a tutto tondo, ma piuttosto, come osserva Harry G. Frankfurt, una "falsa rappresentazione, ingannevole pur senza giungere alla menzogna". Insomma, aria fritta al gusto di merda.
O, più semplicemente, merda fritta.

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