lunedì 15 ottobre 2007

L'incredibile favola di Steven Bradbury

Le Olimpiadi Invernali di Salt Lake City 2002 furono le terze ed ultime per Steven Bradbury, misconosciuto pattinatore australiano, ventinovenne e quindi ormai anzianotto, che in dodici anni di carriera aveva centrato solo un terzo posto nella staffetta 5000m ai giochi di Lillehammer '94, e poco più. Un palmares scarno, che in otto anni lo aveva lentamente trasformato da grande promessa dello short track ad outsider, stimato e rispettato, ma pur sempre outsider, destinato quindi a chiudere la carriera con l'ultima onorevole presenza ai Giochi.

Non c'è da meravigliarsi quindi che il pronostico lo desse per sfavorito già ai quarti di finale. E così fu: Bradbury agguantò il terzo posto all'ultima curva, però solo i primi due passavano il turno.
Ma evidentemente quello era il suo giorno fortunato: il canadese Marc Gagnon, giunto primo, venne squalificato per una scorrettezza e Bradbury ripescato d'ufficio per le semifinali. Ancora non sapeva che i suoi giorni più fortunati dovevano ancora arrivare.

In semifinale il cammino era ovviamente ancora più difficile. Partito maluccio, Bradbury rimase in fondo per tutta la gara. Alla penultima curva divenne quarto per via di una caduta, ma per arrivare in finale serviva una specie di miracolo. Che puntualmente arrivò: all'ultima curva, mentre il primo filava indisturbato verso il traguardo, il secondo ed il terzo si ostacolarono a tal punto da cadere entrambi, spalancando a Bradbury le porte della sua prima finale olimpica individuale.

Ma in finale non c'era storia. Il titolo era già prenotato dal fortissimo Ohno, che oltre ad essere il più talentuoso aveva anche il vantaggio di giocare in casa; al doppiamente miracolato Bradbury spettava semplicemente di fare da comprimario per chiudere decorosamente, con una finale olimpica, la carriera da professionista. E difatti ancora una volta, complice una pessima partenza, il povero australiano si era ritrovato immediatamente ultimo. Ad una tornata dalla fine il suo imbarazzante svantaggio era di circa mezzo giro.
Davanti invece, la battaglia per la vittoria era serratissima: ancora una volta sarebbe stata l'ultima curva a decidere. Ma in un modo che nessuno si sarebbe aspettato.
Ohno sferrò una gomitata talmente forte da far cadere uno degli avversari, che lo trascinò tuttavia giù con sé innescando un'improvvisa carambola. Nel giro di due secondi erano tutti caduti a terra; tutti tranne il serafico Bradbury, che ebbe tempo a sufficienza per scavalcare tutti gli avversari in un sol colpo solo e cogliere indisturbato il primo oro della sua carriera, diventando inoltre il primo campione olimpico invernale proveniente dall'emisfero Sud.
L'intera spassosa vicenda è stata raccontata dalla mitica Gialappa's in un esilarante video.



Sembra una vittoria figlia esclusivamente della fortuna, in qualche modo da sminuire. Ma in fondo Bradbury non aveva dimostrato di essere stato comunque in qualche modo il più meritevole, per il semplice fatto di essere stato, a conti fatti, l'unico ad essere arrivato ogni volta al traguardo senza cadere né essere scorretto?
A saperne un po' di più, si scopre che non c'è poi molto da ridere. Perché Steven Bradbury era stato fino a quel momento molto sfortunato. Esageratamente sfortunato. Addirittura aveva rischiato di morire in due gravissimi infortuni. In una caduta durante i mondiali del 1994 rimase ferito ad un'arteria femorale dalla lama di un pattino, perse 4 litri di sangue, ricevette 111 punti di sutura e fu costretto ad una riabilitazione di 18 mesi prima di ritornare a pattinare. Nel 2000, invece, durante un allenamento cadde fratturandosi il collo e fu costretto a rimanere immobile per ben 6 settimane. Questo spiega perché la grande promessa dello short track australiano non si fosse mai consacrata.

Ecco, forse, perché voleva esserci a tutti i costi a Salt Lake, per congedarsi con onore da uno sport a cui aveva dedicato la sua vita e che gli aveva restituito indietro pochissimo.
Ed ecco anche perché la storia della sua vittoria, oltre ad essere indubbiamente divertentissima, è anche bellissima. E' come se il destino avesse deciso di sdebitarsi tutt'a un tratto negli istanti decisivi, dopo averlo fatto tanto ed a lungo soffrire.
Una bellissima storia di onestà, perseveranza, tenacia, orgoglio, rispetto, passione e dedizione, superbamente ripagate con la massima soddisfazione che un uomo di sport possa ottenere. E poi il grande stile di non tornare sulle proprie scelte, ritirandosi dall'agonismo come campione olimpico, con grande eleganza.
Grande Steven Bradbury. Una storia capace di far ridere e commuovere nello stesso momento non può che essere una grande storia.

mercoledì 10 ottobre 2007

Non sparate sul DJ!

Approfittando del blitz a Roma, il nostro italiano si è riportato su in Svezia un bel po' di cose assolutamente indispensabili per la propria sopravvivenza: ad esempio strumentazione tecnicoscientifica di altà qualità, come la PlayStation Portable oppure i due joystick indispensabili per dare vita alla Coppa del Mondo di Pro Evolution Soccer 6, e ancora nostalgici lasciti della patria di nuovo abbandonata, ovvero lo storico bandierone tricolore acquistato all'indomani di Italia-Bulgaria, vittoriosa semifinale di Usa '94, che oggi, dopo essere stato protagonista del trionfo mondiale della scorsa Estate, campeggia orgogliosamente sulla parete della sua cameretta svedese, un po' sdrucito e smandrappato dal passare del tempo e dai gioiosi sventolamenti di ben 13 anni.
In mezzo ai libri, alle magliette da calcio, ai maglioni, alle sue adorate polo, ai 750g di caffè hanno trovato posto anche due curiosi oggetti, archiviati sotto la ben nota categoria "Non si sa mai, potrebbe sempre servire!": una scheda audio esterna ed un paio di bretelle. Due oggetti assolutamente indispensabili per chi va a studiare 4 mesi all'estero, tra l'altro.

Eppure, egli non avrebbe mai creduto che, incredibilmente, sarebbero tornati assai utili addirittura il primo Venerdì successivo al suo ritorno. Eh già, perché il Venerdì in questione scatta niente di meno che l' "Eighties Party", ennesimo scatenato festone a tema dedicato ai nostalgici anni '80: ovviamente, abbigliamento e musica dovranno essere adeguati alla circostanza.
Come sempre egli si presenta in splendida forma, con il suo inseparabile cappellino grigio e appunto le famose bretelle (un orribile regalo di una cara amica di sua madre, risalente a quando aveva circa dieci anni, indossato quella sera per la prima volta in vita sua) che, a detta di molti, gli danno un tocco irresistibilmente eighties. Non pago, si mette a chiacchierare con il DJ brasiliano della serata il quale lo invita a mettere la musica insieme a lui, visto che il nostro, tra le tante cose, si trastulla da almeno quattro anni con ogni possibile tipo di software musicale. Così egli se ne va bel bello a prendere il suo notebook (che è zeppo, fra le tante cose, anche di classici anni '80) e la sua scheda audio esterna, che di lì a poco si rivela indispensabile per connettere entrambi i computer all'impianto stereo.


Il nuovo inatteso ruolo di DJ precipita il nostro italiano in un inaspettato vortice di popolarità; per tutta la serata vienne assillato da una moltitudine di persone ubriache intente a porgli le richieste più strane: b-sides dei Clash, la colonna sonora di Grease, improbabili gruppi hip-hop tedeschi, addirittura computer music in stile Kraftwerk; il tutto, sempre e solo anni '80. Ovviamente ciascuno di loro rimane molto deluso dai desolati rifiuti che riceve. Ma lui rimane lì, incurante di tutto, a fare il suo lavoro.
Anche le ragazze ora lo guardano in maniera diversa. La frigida finlandese, ad esempio, lo ricompensa con un appassionato bacio sulla guancia per aver messo "Material Girl" di Madonna, da lei tanto richiesta. Inoltre, la famosa fiamminga conosciuta nei primi giorni, che dopo la galeotta birra offertale si era sempre tenuta un po' a distanza, lo avvicina entusiasta per chiedergli il numero ed invitarlo a fare il DJ ai nuovi esclusivi party in programmazione. Addirittura egli riesce nell'impresa di invitare a cena un'affascinante bavarese, che di lì a poco scoprirà essere nella short list delle donne più desiderate di tutto il campus.
Dopo aver rischiato il linciaggio per aver messo prima i Bee Gees, attribuiti dai puristi ai soli anni '70, e successivamente Bob Sinclair, snobbato dai più integralisti al grido di "Only music from the eighties, please!", il nostro fa ritorno felicemente sotto le pezze, stanco ma assai soddisfatto.

Alzatosi con comodo, il giorno dopo viene subito invitato dai suoi amici spagnoli ad una partita a pallone. Appena giunti, si contano e con stupore scoprono di essere appena in 4. Si decide così di coinvolgere nella partita anche alcuni simpaticissimi ragazzini di origine iraniana incontrati al campo. Scartata la suggestiva ipotesi di una sfida Spagna-Iran under 10, attraente ma indubbiamente alquanto iniqua, si decide di giocare a ranghi misti. Ma la sfida non decolla: dopo che il nostro italiano porta in vantaggio la sua squadra con un impossibile diagonale a porta sguarnita, l'infortunio di un norvegese viene preso a pretesto per sospendere la partita. Gli iraniani si disperdono delusi ed i tre superstiti si ritrovano malinconicamente a tirare calci di rigore.

Tornato a casa amareggiato, egli si getta subito nella preparazione della cena. Con un'agghiacciante puntualità la stupenda bavarese si presenta alle 19.00 e 2 secondi, spaccando il millesimo di secondo e cogliendolo alquanto di sorpresa. La cena si rivela alla fine alquanto frugale, poiché nessuno dei due sembra avere molta fame: il menu comprende rigatoni con pesto e gamberetti, piatto forte del nostro sedicente chef, insalata verde gentilmente offerta dalla bavarese per ricambiare l'ospitalità ed un corroborante espresso Danesi (ormai mi sono disabituato a chiamarlo caffè!). Dopo le consuete banali chiacchiere, la meravigliosa teutonica si volatilizza con la consueta rapidità spiegando che aveva già preso altri impegni, lasciando il nostro povero italiano con numerosi interrogativi riguardo all'enigmaticità dei suoi comportamenti.
Ma in men che non si dica piove su di lui da parte del brasiliano un altro invito per una scatenata festa. Festa che in verità si rivela alquanto squallida se confrontata con la precedente, visto che di fatto quasi nessuno balla, ma ci si limita solo ad ascoltare. Se non altro, l'assenza di vincoli tematici lascia libero il ritrovato DJ di propinare al pubblico ciò che preferisce, e così stavolta Bob Sinclair viene accolto con piacere.

Terminata la serata, il nostro italiano all'estero si ritrova con alcuni amici per una rilassante spaghettata notturna (come sempre, il compito di cucinare viene per qualche strano motivo assegnato agli italiani...). Il clima conviviale viene interrotto dalle gioiose urla di alcuni svedesi, stranamente ubriachi, fermamente intenzionati a gettare da un balcone del primo piano il loro televisore irreparabilmente scassato. Ne segue una gustosa litigata, tutta in svedese, tra i favorevoli ed i contrari al lancio; la spuntano questi ultimi, dopo aver minacciato di chiamare la polizia. Il lancio viene annullato, ma le polemiche non si fermano: rispunta anche la bavarese che, assai delusa per aver dovuto rinunciare ad assistere al lancio, per farsi consolare si rifugia tra le braccia di uno dei lanciatori, che effettivamente si rivelerà essere il suo tipo.
Tutto questo confonde ancor di più le idee del nostro povero italiano. E' possibile stare con una persona ed accettare l'invito a cena di un'altra? Un invito a cena non dovrebbe essere di solito un segnale abbastanza esplicito? Possibile che sia più compromettente offrire una birra ad una belga piuttosto che offrire una cena ad una tedesca? O forse ogni paese ha differenti convenzioni sociali e schemi comportamentali?
Di una cosa è sicuro. Ha odiato la bavarese con tutto il cuore per averlo costretto a cenare alle 7 di sera.

lunedì 1 ottobre 2007

Lettera d'amore

Hai visto? Non ti ho mentito, sono venuto veramente a trovarti per qualche giorno. Anche se sono già dovuto ripartire, non puoi capire quanto sono stato felice di poter trascorrere un po' di tempo con te. Lo sai che ti adoro, mi sei mancata tantissimo da quando sono fuori.
Sei sempre stupenda, lo sai? Ti ho ritrovata meravigliosa esattamente come ti avevo lasciato. Sei troppo bella, anche se la mattina sei sempre di fretta, sempre di corsa, e a volte mi tratti pure male. Certi lunedì mattina sei proprio antipatica, sai?
Però la sera sei diversa. Indossi sempre il tuo vestito migliore, sei simpatica, affettuosa, romantica, divertente, imprevedibile, nonostante mi sembri di conoscerti da sempre; sei sempre più bella. E poi nessuna potrebbe cucinare così bene come te!
Ti giuro sono troppo innamorato di te. So che mi mancherai, fino a Natale, ma so che sarà ancora più bello ritrovarti. Ti amo.

Ti amo, Roma.