giovedì 27 settembre 2007

Ubiquità

Eccezionale. Ieri ho fatto colazione a Karlstad, ho pranzato a Stoccolma, ho cenato a Roma. Nello stesso giorno sono stato in tre differenti città, la prima distante 300 km dalla seconda, entrambe distanti 2.500 km dalla terza. Nello stesso giorno ho interagito con persone che non saranno mai a conoscenza le une delle altre; ho attraversato per l'intera lunghezza lo spazio aereo di Danimarca, Germania ed Austria senza potermene accorgere; ho fatto acquisti utilizzando due valute diverse; ho parlato inglese ed italiano, ho ascoltato conversazioni in svedese, comunicazioni di servizio in danese e litigi in romanesco.

Solo cinquant'anni fa tutto questo sarebbe stato impossibile. Ecco perché siamo così fortunati a vivere in un'epoca che permette di viaggiare così rapidamente.
Non è proprio ubiquità, ma è comunque quanto di più vicino ad essa l'uomo abbia mai potuto realizzare.

lunedì 24 settembre 2007

Halva gruppen con ghiaccio

Proseguono le avventure del nostro italiano all'estero e della sua ormai inseparabile polo. Completamente rimessosi dal potente raffreddore, egli è reduce da una settimana particolarmente intensa. Incredibilmente, la notte tra Mercoledì e Giovedì la passa quasi del tutto in bianco a leggere le famose dispense di Service Management Control (circa 120 pagine estremamente ripetitive) e a scrivere una relazione sulle stesse. La sensazione, agghiacciante, è la stessa di quando faceva le nottate a Maggio 2006 correndo contro il tempo per preparare contemporaneamente la tesi e 5 esami. Eh già, perché oltre alla consegna della relazione, per Giovedì mattina l'orario del corso mette in programma anche un inquietante "halva gruppen". Dopo mezzora passata su Google, cercando in tutti i dizionari svedese-italiano online, è arrivato alla conclusione che "halva gruppen" significa grossomodo "interrogazione di gruppo". Scherziamo? Siamo solo alla terza lezione e già un esame? Questa cosa lo getta in una profonda ansia.

Giovedì si presenta bel bello alle 08.15 (!), spiritualmente pronto per il massacro. E invece no, perché il professore invita semplicemente tutti a mettersi in cerchio con le sedie e a riferire le proprie impressioni personali relativamente a quanto letto. Così, in perfetto stile alcolisti anonimi, ciascuno si presenta con voce flebile ed espone la propria visione della questione, che ovviamente non può prescindere dai soliti punti cardine: l'importanza di soddisfare gli stakeholders, la necessità di migliorare costantemente la qualità del servizio offerto, il fatto che quarant'anni dopo Philip Kotler il cliente continui a restare il perno di ogni buona strategia di marketing; ed una serie di altre ovvietà che non possono non trovare tutti d'accordo, professore compreso.

Terminato l'halva gruppen, il nostro stanchissimo italiano se ne torna a casa, stremato ma rasserenato, e si butta immediatamente sotto le pezze, dove rimane spaparanzato a crogiolarsi nell'ozio fino alle otto di sera. Giusto in tempo per dedicarsi, ritemprate le forze, al nuovo roboante weekend: perché, com'è noto, in Erasmus il weekend comincia il Giovedì sera.
La serata prevede il consueto festino organizzato non si sa bene da chi (alcuni sostengono da due tedeschi, ma non se ne avrà mai la conferma), cui il nostro italiano, come vuole lo spirito Erasmus, è stato imbucato da un suo amico olandese, che lo costringe peraltro ad assaggiare un micidiale liquore greco, stupito del fatto che sia l'unico che non sta bevendo una birra. Com'è noto, il nostro italiano detesta la birra. Come sempre, la serata si conclude nella più squallida discoteca di Karlstad, per il semplice fatto che il Giovedì gli studenti entrano gratis.

L'indomani il copione è incredibilmente simile: il nostro si autoinvita al compleanno di una spagnola da poco arrivata, dove, dopo un mese di pastasciutta e finte polpette, può finalmente spizzicare qualche salume decente (chiaramente di provenienza iberica). Dopo la torta, peraltro assai gustosa per essere svedese, egli viene calorosamente incoraggiato dai suoi amici spagnoli a parlare con loro in spagnolo (anzi, "espanish", come dicono loro), ma dopo la terza frase la sua mente, già stressata dalla doppia partizione italiano-inglese che è stata creata un mese prima, rifiuta definitivamente di installare il programma hablar_español.exe, e così deve scusarsi e rinunciare.
Come sempre, la serata si conclude nella più squallida discoteca di Karlstad, per il semplice fatto che anche il Venerdì gli studenti entrano gratis. Il nostro si prende come ogni volta il suo Baileys con ghiaccio, e come ogni volta tutti gli chiedono come mai sia l'unico che non sta bevendo una birra. Com'è noto, il nostro italiano detesta la birra.


Una volta tanto, la serata più cool è prevista per Sabato. Altro festone a tema: stavolta bisogna vestirsi come divi del cinema. Poichè al momento possiede solo tre maglioni e quattro camicie, il nostro italiano all'estero decide di non seguire il tema e presentarsi vestito in maniera estremamente casual, come effettivamente farà il 90% dei partecipanti. Così, con indosso la sola polo ed un paio di jeans, il nostro esce a sfidare il freddo scandinavo: ha deciso infatti che, anziché difendersi dal freddo ad ogni costo, vuole invece adattare il suo fisico mediterraneo al rigido autunno gialloblu.
La festa è ballereccia, e nella miglior tradizione musicale scandinava la playlist è priva di qualsiasi possibile coerenza: così, dopo l'immancabile "The Final Countdown" dei locali Europe, accolta entusiasticamente da tutti gli svedesi presenti come se fosse il loro autentico inno nazionale, nello stupore generale scattano i lenti. Prima che possa riaversi dalla sorpresa, il nostro italiano all'estero vienne avvicinato da un'affascinante locale (per la verità originaria del Bangladesh) che lo invita a ballare; ma non con lei, purtroppo, bensì con una sua amica, anch'essa locale ma tutt'altro che affascinante, che già Giovedì in discoteca lo aveva costretto a ballare con lei. Lui, si sa, è una persona educata ed in tutte e due le occasioni ha accettato; finito il ballo, tuttavia, si mette subito alla ricerca di un modo per elevare il tasso estetico della sua serata danzereccia.
Un singolare deja-vu riporta il nostro ai tempi dei campi estivi con la parrocchia, quando durante la libidinosa serata finale si faceva di tutto per riuscire a ballare un lento con una delle poche ragazze carine a disposizione; e lui, che di campi estivi con la parrocchia ne ha fatti otto, infila subito un colpo da maestro invitando a ballare, sulle note di "Que sera sera" di Doris Day, una notevole roscia di Helsinki, autentica reginetta sexy della serata. La differenza culturale si fa però inevitabilmente sentire, e la proverbiale glacialità finnica trasforma immediatamente quello che sarebbe dovuto essere un lento passionale in una sorta di valzer postmoderno, che per poco non si conclude con una cordiale stretta di mano.
Non c'è male comunque: i danni almeno sono stati limitati, e fortunatamente prima di due settimane non ci sarà un altro halva gruppen.

domenica 16 settembre 2007

Nutella e Aspirina

Eh già, lo so che molti di voi saranno sorpresi nello scoprire che il nostro italiano se n'è rimasto a casa di Sabato sera. Ma come, sei in Erasmus e non vai a divertirti, ubriacarti e concupire donne proprio di Sabato sera?
Sì, cari miei. Perché dovete sapere che in Erasmus può essere Sabato anche tutte le sere: ad esempio sono reduce da due festini scatenati celebrati Giovedì e ieri. Quindi per conto mio può valere anche il principio contrario: dopo due Sabato sera consecutivi per me oggi è Lunedì sera, e me ne sto a casa.
Non è questione di antipatie, malumori, solitudini o stanchezze, sia chiaro (malgrado la vita notturna di Karlstad mi sembri a volte paragonabile a quella di Pessano con Bornago, ridente frazione del milanese); è che semplicemente sto male! E la colpa è in buona misura anche dei due Sabato sera consecutivi appena vissuti. Riepiloghiamo.

Giovedì scatta lo Spanish Party, a cui il nostro italiano si presenta baldanzoso, nonostante soffra già di un certo qual raffreddore, con la sua bella polo appena acquistata e niente sopra, malgrado il termometro segni 6 gradi centigradi; assaggia qualche gustosa frittura iberica, tracanna con gusto 7 bicchieri di Sangria (anche se pensa che quella fatta dai suoi amici in Italia sia migliore, ma ovviamente agli spagnoli non lo dice!) dopodiché si aggrega felice alla combriccola che se ne va a ballare giù in città. Alle 2, ora in cui è obbligatoria la chiusura delle discoteche in Svezia (vi capisco, anch'io sono stato a ridere mezzora quando l'ho saputo!), lo shock termico riscontrato nel passaggio tra la sauna da ballo ed il freezer a cielo aperto che è Karlstad in notturna precipita il nostro povero italiano in un vortice di starnuti e colpi di tosse che si manifestano in tutta la loro tragicità il pomeriggio successivo, quando egli si risveglia nel suo lettino in preda ad un feroce combinato disposto raffreddore/mal di testa/gola.
Ma il nostro non si perde d'animo e si imbottisce di aspirine, sopportando stoicamente il mal di testa, anche perché quella sera è in programma uno degli avvenimenti più esclusivi e mondani di tutta Europa: il Pimp Party.

Si tratta in pratica di un mega festone, dedicato a tutti gli exchange students, come si usa dire qui, i quali dovranno presentarsi vestiti a tema: da papponi, se uomini, da mig****e, se donne. Idea indubbiamente elegante e raffinata, avuta, secondo le testimonianze, da alcune avvenenti olandesi; e brave ragazze.
Malgrado sia conosciuto, forse a torto, come persona morigerata e scarsamente esibizionista, il nostro italiano non vuole mancare per nessun motivo ad una situazione del genere ed anzi si presenta in splendida forma: camicia a righe fashion, jeans D&G original, giacca leggera, basco grigio comprato il giorno prima, tutti i braccialetti e le collane che possiede (non molti in verità) e, tocco di classe, occhiali da sole che non mette via per tutta la sera, malgrado sia ovviamente buio pesto.
Anche stavolta i problemi sorgono all'uscita: l'ingenuo aveva creduto di potersi difendere dal freddo scandinavo con una semplice sciarpetta scozzese, ma evidentemente non basta.
E così l'indomani, cioè stamattina, la situazione risulta peggiorata, ed il nostro povero italiano decide di rifugiarsi dalle uniche che riescano a capirlo fino in fondo: le sue amiche Nutella ed Aspirina. Nutella si lascia spalmare amabilmente sull'insipido pane svedese o sugli sfigati biscotti danesi, a seconda dei casi, allieta con la sua dolcezza il palato del povero infermo mediterraneo ed infine prepara il suo stomaco per la visita di Aspirina, che con cadenza regolare, circa 4 volte al giorno, impegna tutta se stessa nel far guarire il malcapitato.

Purtroppo malgrado la coraggiosa abnegazione di Aspirina, il povero italiano si ritrova ugualmente alle dieci di sera con il naso arrossito e devastato come quello di un cocainomane, tante sono le volte che se l'è soffiato, un mal di testa da mischia contro gli All Blacks ed una tosse talmente esagerata da sembrare finta. E quindi prende la decisione più importante della giornata: stasera me ne sto a casa. Tiè.
Una buona occasione per cercare quelle maledette dispense online per il corso di Service Management Control, ed anche per farsi un po' gli affari di illustri sconosciuti andando a curiosare nei blog degli amici degli amici.
Tutto questo nell'attesa che un nuovo amico, Sciroppo, venga l'indomani a risolvere finalmente questa situazione che si sta rivelando più problematica di quanto pensasse.

giovedì 13 settembre 2007

Il delitto perfetto

Mai abbassare la guardia, neanche ai fornelli. Il nemico potrebbe nascondersi sotto le spoglie più impensate...

domenica 9 settembre 2007

A proposito di Rugby

Parliamone. Ieri c'ero anch'io davanti alla tv (o meglio davanti al computer, grazie ai potenti mezzi dello streaming p2p) a vedere il preventivato tracollo del 15 azzurro contro gli All Blacks.
Mi è sempre piaciuto seguire il Rugby, forse perché ho capito molto presto che il mio futuro, e forse anche il mio successo, sarebbero stati dietro una scrivania, non certo su un campo sportivo, e quindi probabilmente mi diverte vedere trenta energumeni litigarsi una stupida palla su un campo fangoso mentre io me ne sto felicemente in poltrona a sorseggiare il caffè dopo pranzo e a godermi lo spettacolo.
Ma come sempre da parte mia il rispetto è grande, come è giusto che sia verso chiunque dedichi la propria vita ad appassionare altre persone: questo è quello che fanno tutti gli uomini di sport.
Il rispetto c'è, sincero, per tutti i rugbisti, persone che hanno scelto di fare qualcosa che io non farei mai, ed in particolare per quelli della nazionale italiana, onestamente ed orgogliosamente molto meno bravi degli altri, ma pure in grande crescita, anno dopo anno. Per questo Nuova Zelanda-Italia era un appuntamento da non perdere, per il prestigio degli avversari, per la circostanza, ovvero l'esordio in coppa del mondo, perché l'Italia alla fine della fiera due mete le ha segnate, ha infilato anche le due trasformazioni, ha portato a casa 14 punti, e quindi bravi ragazzi, complimenti sinceri, e poco male se gli All Blacks di punti ne hanno messi 76, di più davvero non si poteva fare. Anche perché le sfide che contano saranno con Portogallo, Romania e soprattutto Scozia. Perdere con la Nuova Zelanda davvero non sposta nulla, tanto si corre per il secondo posto.


Il vero problema, se di problema in fondo si tratta, è nel dopo partita. Perché come al solito qualche testata, cartacea o virtuale non fa differenza, oltre a proporre i giustissimi e meritati complimenti all'Italia del Rugby, ha puntualmente ritirato fuori dalla soffitta la consueta querelle a base di "questo sì che è vero sport, è un gioco è duro ma leale, perché i giocatori si rispettano e a palla ferma vige la correttezza più assoluta"; e poi, visto che il nostro difetto nazionale è quello di parlare sempre male di noi stessi, possibilmente sputando nel piatto in cui ci piace mangiare, ecco l'altrettanto consueta frecciata al mondo corrotto del calcio, dove ci si insulta, ci si fanno falli macroscopici, ci si danno testate, ci si sputa, e così via.
Il punto è questo. Non voglio essere frainteso: a me piace molto il Rugby.
E' uno sport avvincente e spettacolare, mai noioso, molto difficile e tecnico.
Ed è anche un po' bizzarro.
Richiede espressamente in squadra la presenza di persone visibilmente sovrappeso, in modo che possano fare massa durante le mischie.
Si gioca con una palla che non è una palla, bensì un ovale, senza alcun valido motivo se non quello di rendere la vita più difficile ai giocatori.
Si può giocare sia con le mani che con i piedi, ma di norma 14 giocatori su 15 hanno i piedi fucilati e sanno fare solo goffi rinvii di emergenza buttando la palla in fallo laterale; il quindicesimo invece se ne sta di solito ben lontano dalle mischie perché è l'unico capace di calciare quella palla incalciabile in mezzo ai pali, un'autentica magia.
Ed è vero che questo sport ha un'etica tutta sua, se hai la palla posso aggredirti ma se non ce l'hai non posso neanche sfiorarti. Verissimo. Però non è altrettanto vero che i giocatori di Rugby quest'etica la rispettino proprio sempre. Perché ieri, se non ve ne siete accorti, un neozelandese è stato ammonito per aver dato un pugno al nostro Lo Cicero. Un pugno, avete capito bene.
Ma nessuno si è scandalizzato, a quanto pare.
Sarà stato un caso? No. Perchè da qualche tempo a questa parte in ogni partita di Rugby che vedo succede qualcosa che non è affatto rugbish: un pugno, una rissa, una scazzottata. Oppure un'autentica lotta tra due giocatori, come durante Galles-Irlanda, incontro decisivo del Sei Nazioni 2005, quando l'arbitro dovette sospendere la partita per due minuti; e alla fine i due non furono nemmeno puniti, ma solo richiamati verbalmente.
Ovviamente niente di tutto ciò fece notizia.

Nonostante questo, a me il Rugby piace. Però adoro il calcio. Ieri sera c'ero anch'io davanti al computer (sempre grazie ai potenti mezzi dello streaming p2p) a vedermi Italia-Francia: c'ero perché non potevo non esserci, perché ho passato tutto il tempo, malgrado la partita fosse noiosissima, a rivivere con l'immaginazione quell'altra Italia-Francia, la partita più bella, quella che non mi scorderò mai, quella che racconterò ai miei figli, se ne avrò, finché non avranno vinto un Mondiale tutto loro.
Perché scusatemi tanto, ma io non riesco ad esaltarmi così tanto per la meta di Bergamasco come per l'incornata di Materazzi contro la Rep. Ceka, tanto per fare un esempio.
E se siete tra quelli che inneggiano al Rugby come allo sport leale per eccellenza e detestano il calcio sotto qualunque aspetto, vi suggerisco caldamente di fare qualcosa che probabilmente non avete fatto, cioè guardare una partita di Rugby. Però guardarla veramente.
Vi accorgerete che le regole sono diverse, ma sono sempre uomini quelli che giocano.
Uomini che ogni tanto perdono la pazienza, e magari danno un pugno all'avversario. E' sbagliatissimo, però succede. Nel calcio come nel Rugby.
E allora permettetemi una domanda: perché se un calciatore dà un pugno ad un avversario viene squalificato, giustamente, per almeno un mese, mentre un rugbista se la cava con una semplice ammonizione?
Forse è il rugby che dovrebbe imparare qualcosa dal calcio.

mercoledì 5 settembre 2007

Come sopravvivere in Scandinavia tra tessere magnetiche, porte girevoli e falsi caffè

Bentornati!
Dopo quasi tre settimane il nostro italiano all'estero ha scoperto che la Svezia è un paese molto più diverso dall'Italia di quanto avesse immaginato, ma anche molto più simile all'Italia di quanto avesse immaginato. Egli continua ad esempio ad arrotolare le maniche delle sue camicie, ed anche a girare in infradito nel cortile davanti casa, perché, almeno per i primi 10 giorni, la temperatura media nel Varmland era di appena 2 gradi inferiore a quella di Roma caput mundi che più caput non si può. Egli si è accorto anche con stupore del fatto che sta mangiando più pasta ora di quanta ne mangiasse durante la sua "Vita da scapolo" (cfr post omonimo), e si è scoperto in questo essere un fervente ed orgoglioso patriota.
Tuttavia egli si è anche dovuto confrontare con alcune novità inattese. Innanzitutto il caffè: che non è vero caffè, perché nessun intenditore di caffè oserebbe mai chiamare caffè questo caffè che gli svedesi, evidentemente non intenditori di caffè, osano chiamare caffè, mentre invece il vero caffè non è chiamato caffè bensì con quel termine che noi italiani di solito non usiamo mai per intendere un caffè, perché se vogliamo un caffè chiediamo un caffè.

Insomma se siete in Svezia e avete espresso il desiderio di bere un espresso dovete espressamente chiedere un espresso; se invece avete la malaugurata idea di chiedere un semplice caffè tout court vi sarà servito un costosissimo bicchierone di acqua calda e tracce di caffeina: una sorta di cicorione infame, per di più ad una temperatura tipica di 16.432 gradi Farenheit che renderà difficoltosa qualsiasi forma di comunicazione verbale per le 3 ore successsive.

Ma le insidie non finiscono qui. Perché qui in Svezia vanno matti per le porte girevoli, evidentemente utili a preservare il clima caldo all'interno degli edifici. Ci sono porte così praticamente ovunque. "E che problema c'è?" direte voi, "Ce le abbiamo anche noi in Italia!".
Già. Se non fosse che qui girano alla velocità della luce. Ci vogliono almeno due giorni per trovare la giusta coordinazione, al caro prezzo di sgrugnate sul vetro e incalcate nella schiena a causa dei manici di ferro. Molto duri. Per non parlare di quando tali porte sono manuali e si ha la sfortuna di trovarsi a varcarle in contemporanea con un vikingo locale (uomo o donna non fa differenza), il quale, in perfetto Swedish style, aziona la porta con una potenza sovrumana senza curarsi minimamente di chi c'è dall'altra parte.

Ma in mezzo a tutti questi pericoli, una certezza si erge come rassicurante baluardo per il nostro italiano all'estero: le tessere magnetiche. Qualunque cosa vogliate fare in Svezia, state sicuri che è necessario possedere una carta magnetica per poterlo fare. Il vostro tenore di vità sarà direttamente proporzionale al numero di tessere che possedete.
In due sole settimane il nostro italiano all'estero ne ha già accumulate sette, e per la precisione:
1) Carta di credito svedese, attualmente inutilizzabile perché il conto è sguarnito;
2) Abbonamento dell'autobus bisettimanale ricaricabile;
3) Tessera della biblioteca pubblica;
4) Tessera della biblioteca universitaria;
5) Tessera dell'associazione studentesca di Karlstad, indispensabile per poter sostenere gli esami;
6) Pass per entrare nell'aula computer dell'università;
7) Scheda ricaricabile per fotocopie all'università.
Non c'è male, ma c'è da essere sicuri che ne arriveranno altre.

C'è comunque una cosa che al nostro italiano è piaciuta davvero tanto, di questa Svezia, una cosa che in Italia non c'è: la luce gialla anche prima del verde al semaforo. Così non c'è bisogno di sporgersi a guardare per rubare la frazione di secondo allo scatto del verde, ci pensa il giallo ad avvisarti.
Gran bella idea. Ma conoscendo gli automobilisti italiani, è meglio che questa bella idea rimanga in Svezia.